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I 150 anni dell'Unità d'Italia: la Provincia restituisce alla comunità lo storico Circolo Sannitico

Il taglio del nastro nel giorno delle celebrazioni nazionali

 

Campobasso 18 marzo 2011


 
Il presidente D'Ascanio
Un momento delle celebrazioni per i 150 anni d'Unità

  Con una cerimonia sobria ma molto partecipata e densa di significato il presidente della Provincia, Nicola D'Ascanio ha inaugurato oggi pomeriggio, alla presenza delle massime autorità civili e religiose,  il Circolo Sannitico di piazza Gabriele Pepe, a Campobasso.
Fondato il 2 giugno del 1861, è stato restituito alla comunità molisana nella giornata di celebrazioni per i 150 anni dell'Unità d'Italia. Un centro culturale che torna a far parte della città, della comunità, interamente restaurato con attenzione e rispetto attraverso un corposo lavoro di recupero architettonico che ha consentito di salvaguardare le peculiarità di quel  gioiello che è stato.
Nel corso della cerimonia è stata presentata l'opera storica di Sergio Bucci e Gabriele Venditti intitolata "Molise 1860. Verso l'Unità, tra rivoluzione e conservazione" interamente finanziata dall'Amministrazione provinciale. L'attenta disamina del periodo storico al quale si riferisce l'analisi degli autori è stata affrontata dai  professori Francesco D'Episcopo, docente di Letteratura Italiana e Letterature Comparate dell'Università di Napoli "Federico II", Giovanni Cerchia, docente presso l'Università del Molise di Storia Moderna nel corso di un dibattito moderato dal giornalista Giovanni Mancinone.
Incisivo e aperto alla riflessione l'intervento del presidente Nicola D'Ascanio che ha accolto gli ospiti nei locali del Circolo Sannitico con le note del "Va' pensiero" di Giuseppe Verdi: il vertice di Palazzo Magno ha dapprima salutato e ringraziato le autorità presenti per la partecipazione così sentita ad un appuntamento con la Storia e con il futuro.
"Le celebrazioni di oggi rappresentano, qui come altrove, un momento ideale per richiamare alla memoria dei cittadini e delle rappresentanze politiche, istituzionali e  sociali gli avvenimenti, gli uomini e le donne più importanti che hanno segnato la nostra storia" ha detto il presidente che ha analizzato, nel corso del suo rigoroso intervento, il cammino fatto in questi 150 anni alla luce dell'attualità politica.
 "La tendenza a radicalizzare la contrapposizione è parte integrante della cultura nazionale: è faticoso stabilire il 17 marzo come festa comune; faticoso, quasi impossibile, renderla un momento di coesione non in nome di una omogeneità del Paese che non è mai esistita ma in nome di uno sforzo mai concluso per riconoscersi nazione - ha sottolineato il presidente D'Ascanio nel suo intervento -.   scanio nel suo intervento -. . fatto dal 1861 ad oggi. l' presenti, con particolare rifo delle celebrazioni per i 150 anni dellCosì, tra contrapposizioni fortissime e mancanza di sintesi, si rischia di assistere alle posizioni di chi, in nome di un'area del Paese, rinnega l'idea di italianità e di chi, al contrario, pensa al 17 marzo solo in termini di celebrazione retorica che dovrebbe nascondere le incongruenze del nostro territorio.  Al contrario, è indispensabile attraversare quelle pagine di storia con spirito critico, non in nome di una antitesi irragionevole tra chi vide nell'esito ultimo del  Risorgimento l'entusiastica partecipazione  ad un processo di liberazione e chi, al contrario, considerò i Savoia come conquistatori che impoverirono e svuotarono dall'interno le potenzialità di un Sud ricco e felice. E' evidente che entrambe le letture sono parziali".
L'opposizione con la quale furono accolti i garibaldini, le violente pagine di orrore che accompagnarono il percorso unitario, il brigantaggio, la reazione dei contadini meridionali ai mutamenti politici ed istituzionali indotti dall'unificazione  italiana senza che ad essi si accompagnasse una modifica delle strutture socio-economiche delle campagne. E poi l'insorgenza popolare conseguente alle scelte compiute dalla classe dirigente in favore della borghesia. L'attaccamento dei contadini ai Borboni e la questione agraria, nodale e mai risolta in un Sud, che mantenne sempre, ha ricordato il presidente D'Ascanio citando Giustino Fortunato, un assetto di tipo feudale.
"Sono dati che non possono essere ignorati - ha ricordato il presidente della Provincia - come non può essere ignorato che questo assetto feudale era preesistente, mantenuto in un impianto verticistico: la ricchezza culturale del Sud, l'analisi acutissima di molti intellettuali, l'articolazione di una riflessione di una intellighentia illuminata non fu risolutiva, non fu in grado di arginare l'accentuarsi di un processo di disgregazione e di costruzione di uno Stato parallelo e illegale che percorse parte del Sud, né di dare la risposta alla fame e ai bisogni primari delle masse".
Tutto ciò appare particolarmente evidente quando si fa riferimento alla nostra regione.
"Il Molise fu investito di un ruolo strategico ed interessante anche per i meridionalisti che rivolsero la loro attenzione alle peculiarità di un territorio che sintetizzava processi più generali del Sud, primo fra tutti la grande capacità di analisi e l'assoluta assenza di  sintesi.
Intendo dire che è sufficiente leggere molti degli scritti prodotti in quegli anni dalle menti migliori per rendersi conto del fatto che tutto era stato già detto, tutto già individuato, ma tutto rimasto su un piano fatalmente teorico.
La paralisi, l'incapacità o la non volontà di arrivare ad una fase post-analitica,  esecutiva, per superare la stabile condizione di sottosviluppo è il dato più rilevante e quello che più di altri ha pesato sul futuro della nostra Regione - ha ricordato il presidente D'Ascanio - .
L'analisi storica, che parte dal passato che si celebra con la cerimonia per i 150 anni dell'Unità d'Italia non può che portare ad esaminare l'attualità, il contesto e i nuovi scenari politici che s'impongono all'attenzione.  Il  futuro di  allora è la cruda attualità di oggi -  ha continuato il presidente nel suo breve intervento. -  "Viene in mente la frase di Pasquale Villari: "Che l'Unità d'Italia fosse una necessità è cosa che dobbiamo accettare, ma che l'Unità debba essere quello che è povertà, differenza, fiumi di sangue senza effettivi rimedi, è dubbio. Sarà compito delle future generazioni unire necessità e dubbio e rendere questo Paese una terra meno dura per tutti". Credo che per realizzare un riscatto non contraddistinto dalle  lamentazioni di sempre, indice di torpore spirituale e di  malcelata rassegnazione, ma nel cammino faticoso e nobile per conquistare diritti e valori, occorra riprendere   la direzione di marcia di quel luminoso percorso che si è snodato tra Risorgimento, Resistenza, Costituzione repubblicana che oggi attende solo di essere pienamente e compiutamente  attuata e non modificata, come non perde occasione di richiamare il nostro Presidente della Repubblica, Onorevole Giorgio Napolitano. Occorre attuare il dettato costituzionale per rimediare alle omissioni di ieri, per scongiurare le divisioni federalistiche di oggi.  Perciò,  con questo spirito diciamo Viva l'Italia.  Una, libera, indipendente ed indivisibile".

 


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