Alla scoperta dei luoghi di diffusione e sostegno della cristianità nella Provincia di Campobasso. Dalle Cattedrali sedi delle Diocesi di antica fondazione, primi segni dell'organizzazione cristiana sul territorio, alle Badie Benedettine ricostruite sulle ville romane nello sforzo di evangelizzare e riorganizzare le comunità ai Loci Francescani, luoghi di partenza per la missione di amore, di pace e di riconciliazione, ma anche di istruzione e sostegno alle genti molisane.
La Diocesi di Bojano ha origini antichissime, risalenti al 501 a.C. L'edificio oggi racconta una storia lunga due millenni le cui tracce sono leggibili nel tessuto murario e negli interni della Cattedrale. All'intervento più antico noto agli storici, quello voluto dal Conte Rodolfo de Moulins nel 1073, risale l'abside della cripta. Dopo essere stata danneggiata nel 1171, fu consacrata nel 1215, mentre al 1239 risale la realizzazione del portale ancora visibile nella parete sudest della Chiesa. I terremoti del 1456 e del 1805 ne determinarono nuove distruzioni e ricostruzioni. Nel 1927 la sede vescovile fu spostata a Campobasso. Se il campanile conserva incastonate nella propria struttura epigrafi romane e formelle di epoca medievale, l’interno della chiesa è arricchita da opere e iscrizioni di epoche diverse: un'arca sepolcrale datata al 1513, appartenente ad una nobile famiglia di Bojano, epigrafi vescovili, un fonte battesimale del XIII secolo, un'interessante scultura di San Bartolomeo, opera settecentesca di Giacomo Colombo, due tele del 1793 dell'artista molisano Raffaele Gioia nel presbiterio. Nella sacrestia sono conservate tele raffiguranti i Vescovi della Diocesi.
La Cattedrale di Campobasso sorge sulle rovine della Chiesa della S.S. Trinità che, costruita nel 1504, fuori dalle mura urbane da Andrea de Capua e sede della confraternita di Trinitari, fu distrutta dal terremoto del 1805. L'attuale veste neoclassica è opera dell'architetto molisano Bernardino Musenga, autore anche dell'espansione urbanistica ottocentesca della città. La chiesa fu riaperta al culto nel 1829, diventando sede cattedrale nel 1927. Lo stile neoclassico della facciata si riflette all'interno nella decorazione delle tre ampie navate con cappelle laterali e nell'elegante baldacchino posto sull’altare maggiore. Il catino absidale accoglie l’affresco di Romeo Musa raffigurante la Pentecoste, mentre del molisano Amedeo Trivisonno sono presenti, in diversi punti della Chiesa, opere realizzate negli anni Trenta del XIX secolo, tra le quali l'interessante Moltiplicazione dei pani e dei pesci in controfacciata.
L’iscrizione ai piedi della Crocifissione, nella lunetta del portale della Cattedrale di Larino, ci documenta che l’edificio fu consacrato il 30 luglio 1319. In questo anno, molto probabilmente, fu completata la bellissima facciata caratterizzata da un ricco apparato decorativo di stile gotico che circonda e decora il portale strombato e il particolare rosone a tredici raggi. L’interno della Chiesa presenta una serie di interventi che narrano una lunga e secolare storia costruttiva e decorativa: se al XIV secolo infatti risalgono gli affreschi raffiguranti I Santi, databile al 1537 é quello con l'Annunciazione sulla parete sinistra dell'ingresso, mentre nel XVIII secolo, per volontà del vescovo Giovanni Andrea Tria, il soffitto a capriate fu sostituito dai cassettoni e le volte gotiche ornate con stucchi di gusto barocco. Delle modifiche settecentesche oggi non rimane nulla a causa dei restauri realizzati tra il fine ‘800 e l’inizio ‘900 che, sulla scia del revival gotico, hanno riportato in luce l’aspetto medievale degli interni
La notizia del primo Vescovo di Termoli risale al Sinodo del 969 e di una chiesa dedicata a Santa Maria parlano le fonti nel 1037. Di certo la chiesa nelle forme attuali fu costruita tra il XII ed il XIII secolo. Nel corso del lungo cantiere attivo intorno alla Cattedrale dovettero succedersi molte maestranze, le cui diverse esperienze artistiche si riflettono nel ricco e vario apparato decorativo della facciata, che risente in particolar modo di quel crogiuolo di influenze e culture diverse che fur la scuola federiciana. Lo scorrere dei secoli e degli avvenimenti ha lasciato tracce in particolare sugli interni della Cattedrale, così la trasformazione di gusto barocco del XVIII secolo è stata cancellata negli anni Trenta del XIX secolo a favore della riscoperta degli elementi più antichi, in particolare il mosaico pavimentale e i resti delle absidi risalenti al primo insediamento religioso.
Le origini della Cattedrale di Trivento, come in altri casi, sono molto antiche: le fondamenta poggiano sui resti di un tempio pagano romano. Un’epigrafe collocata su un pilastro interno della chiesa ne attesta la consacrazione nel 1076 e la sua dedica ai Santi Nazario e Celso, Santi Patroni del centro trignino, le cui teste, secondo la leggenda, furono traslate da Milano a Trivento nel 398 d.C., per volontà di Sant’Ambrogio. Del 1905 è la facciata di stile neoclassico, spartita in due parti dalla trabeazione. L’interno, diviso in tre navate da archi a tutto sesto, ha subito una serie di rimaneggiamenti, in particolare in epoca barocca, di cui restano l’apparato decorativo in stucco, il bellissimo altare maggiore in commesso marmoreo del 1743, il coro ligneo, alcune tele e un’espressiva Madonna Addolorata dello scultore napoletano Giacomo Colombo.
La storia della Chiesa Parrocchiale di Guardialfiera è molto antica, come mostrano i tanti elementi di riutilizzo presenti nelle mura esterne. Una storia antica quanto quella della Diocesi di cui il paese è stato a capo dal secolo XI fino agli inizi del secolo XIX, quando fu soppressa. La chiesa nel tempo ha subito moltissimi interventi che ne hanno modificato non solo l’aspetto, ma la struttura stessa. Di certo la qualità formale e tecnica degli elementi superstiti del passato ci raccontano di un edificio di notevole pregio architettonico e decorativo. Qualità formale che si legge in particolare nel motivo a tredici archetti, poggianti su altrettante teste umane sul lato occidentale e nella mondanatura del portale gotico sulla facciata orientale. Si tratta della Porta Santa, prima nella storia universale della Chiesa, cui papa Leone IX nel 1053, di passaggio in queste terre lungo il suo cammino per la Puglia, elargì la più antica forma di indulgenza Plenaria Perpetua, ancora oggi celebrata una volta l’anno, il primo giugno.
La piccola, ma affascinante Chiesa di Santa Maria della Strada è posta in un punto di passaggio importante dell’antico sistema viario rappresentato dai tratturi, posizione cui probabilmente è legata l’intitolazione stessa. Dal punto di vista architettonico si tratta di un edificio semplice, con facciata a salienti, campanile isolato e interno diviso in tre navate absidate. Ciò che ne fa un gioiello dell’arte sacra molisana, è il ricco apparato decorativo che si dispiega nelle lunette delle arcate cieche, poste al lato del portale principale, sullo pseudoprotiro e sulla lunetta del portale laterale. Le scene scolpite a rilievo raccontano episodi tratti dalla Bibbia con un linguaggio formale caratterizzato da linee nette, da tratti sommari e dalla presenza ripetuta di motivi formali e decorativi. L’interno, che mantiene intatta l’originale spiritualità romanica, nonostante gli interventi che ne hanno in parte modificata la struttura, conserva un bellissimo monumento funebre trecentesco, che nella struttura e negli elementi decorativi presenta forti influssi dell’arte napoletana di epoca angioina.
Il complesso di Santa Maria di Casalpiano permette una lettura stratigrafica delle diverse fasi insediative succedutesi sul territorio. Nelle immediate adiacenze dell’attuale chiesa, infatti, sono visibili i resti di una villa rustica di epoca romana, tra cui pavimenti mosaicati che ornavano l’abitazione del padrone, e le suspensurae, le colonnine di terracotta che sostenevano il pavimento sopraelevato sotto il quale circolava aria calda negli ambienti termali. Su questo primo livello, intorno al IX secolo, sorge l’insediamento benedettino, le cui mura in parte ricalcano quelle romane preesistenti. Probabilmente questa struttura subì dei danni con il terremoto del 1456, e in ogni caso fu abbandonata ed il culto spostato nel nuovo edificio, consacrato nel 1531. La chiesa attuale ha subito molte modifiche nel tempo, tra le quali la rotazione completa della chiesa su se stessa, voluta dal Vescovo Pianetti agli inizi del ‘700. Il risultato di tanti interventi è un luogo dal carattere molto suggestivo, in cui natura, storia e fede di incontrano e si raccontano.
Come buona parte delle fondazioni benedettine, anche quella di Santa Maria di Monteverde sorge nei pressi di un preesistente insediamento, in questo caso di epoca sannitica, Ruffrium, di cui restano tracce di mura in opera poligonale e che la storiografia antica narra essere stato distrutto dai Romani. Il sito, posto a 1.000 m. di altitudine tra i territori di Vinchiaturo e Mirabello Sannitico, in un punto strategico per il controllo delle vie di comunicazione antiche, fu ripopolato grazie ai benedettine che qui fondarono, fra l’XI ed il XII secolo, un monastero. A questa epoca va fatta risalire la fabbrica della chiesa di cui oggi restano solo alcune rovine, che aggiungono fascino ad un luogo di forte impatto naturalistico. L’impianto originale era quello tipico delle chiese romaniche molisane, a tre navate, senza transetto, con absidi ornate da monofore e facciata a salienti. Tra i reperti lapidei rinvenuti c’è anche un agnello crucifero, elemento caratterizzante la decorazione romanica nel Molise. I terremoti del 1349 e del 1456 interruppero le attività del monastero e determinarono l’abbandono del sito da parte delle popolazioni. La chiesa fu fatta ricostruire da Monsignor Orsini e rimase aperta fino al terremoto del 1805 che ne causò il crollo definitivo.
A pochi passi dalla riva del fiume Trigno sorge il complesso di Santa Maria di Canneto. Il parco, ricco di verde, conserva i resti di una villa rustica romanda di epoca imperiale, vicino alla quale sorge la chiesa edificata nella metà del XII secolo dai benedettini. Dal punto di vista architettonico, si tratta di una chiesa ad aula unica, divisa internamente in tre navate cui corrispondono tre absidi finali. La facciata è a spioventi, con semplice portale di stile romanico, sulla cui lunetta sono scolpiti un agnello crocifero ed un leone alato affrontati. L’interno della chiesa, fortemente rimaneggiato, presenta interessanti elementi di riutilizzo, soprattutto nei capitelli. Di particolare pregio l’ambone, datato 1223, costituito da una cassa sorretta da quattro colonne con interessanti motivi decorativi e decorata con un loggiato tra i cui archi si affacciano sei monaci in diversi atteggiamenti, probabilmente a rappresentare l’incontro tra la vita liturgica e la vita monastica. Di grande interesse è anche il fronte dell’altare maggiore su cui è presente una lastra con undici figure a rilievo, disposte attorno ad un tavolo, probabilmente un’Ultima Cena, databile intorno al X-XI secolo. Dietro l’altare maggiore si trova, infine, la Madonna del Sorriso, pregevole scultura in legno policromo, risalente al XIV secolo, opera dal forte influsso francese, che con la sua grazia e serenità arricchisce l’atmosfera già spirituale del luogo.
Il Convento di Sant’Onofrio a Casacalenda è tra i luoghi devoti fondati dal Beato Giovanni da Stroncone nella Provincia di Sant’Angelo. Edificato nel 1407, fu perfezionato dal Beato Tommaso da Firenze. Nel 1594 passò dagli Osservanti ai Frati Minori Riformati. Il convento, ricco di testimonianze artistiche del passato, è costituito da un chiostro spazioso, con frammenti di antiche pitture murali ancora visibili nelle lunette degli archi del porticato, da un refettorio e da venticinque celle nel piano superiore. La chiesa, di recente restaurata, è divisa in due navate. La zona presbiteriale è arricchita da un bellissimo altare maggiore in commesso marmoreo dietro al quale è posto il coro con sedili di noce intagliati. In fondo al coro, sulla porta di ingresso della sagrestia, è collocato un grande trittico su tavola raffigurante, al centro, l’Annunciazione, ai lati San Francesco e Sant’Onofrio e in basso, nella predella, l’Ultima Cena. L’opera, racchiusa all’interno di un’importante struttura lignea con colonne a tutto tondo, rimanda a stilemi propri della scuola fiamminga attiva a Napoli nel XVI secolo. Al Seicento sono riferibili anche gli arredi lignei, gli affreschi e alcune tele che ornano gli altari, tra le quali spicca quella datata 1658 e firmata da Benedetto Brunetti, pittore di Oratino, raffigurante il Perdono di Assisi.
La Chiesa di Sant’Alfonso de’ Liguori si trova nella parte alta del paese, al termine di una lunga scalinata. Originariamente dedicata a Santa Maria del Carmine, la chiesa era annessa al monastero carmelitano, soppresso alla metà del Seicento e fatto riedificato nel 1729 dal marchese Rota. L’interno, a una navata con cappelle laterali, è ricco di opere del XVIII secolo, tra le quali due interessanti sculture lignee del campobassano Paolo Saverio Di Zinno: un’elegante Immacolata Concezione ed un gruppo scultoreo raffigurante la Madonna del Carmine, firmato e datato 1769. Sono inoltre presenti alcune tele realizzate dal molisano Paolo Gamba, raffiguranti le stazioni della Via Crucis ed un grande coro in legno intarsiato con quadri raffiguranti scene del Vecchio Testamento, realizzato nel 1766 da Fra Giocondo da Montesarchio.
La fondazione del Convento di Sant’Elia a Pianisi da parte dei Padri Cappuccini risale al 1604, mentre la sua chiesa fu consacrata nel 1690. La sua destinazione, fin dall’inizio, fu quella di luogo di studio per i novizi. Sia la chiesa che il convento conservano molte opere artistiche di valore, in particolare legate alla presenza di Paolo Gamba, che soggiornò nel convento in due tempi: la prima volta nel 1740, per eseguire gli affreschi della sacrestia, in seguito andati perduti, tornandovi di nuovo nel 1746 per realizzare due tele per le lunette del refettorio, l’Ultima Cena e l’Annunciazione. A questo soggiorno probabilmente risale la realizzazione delle sette tele a lui attribuite, inserite nello splendido dossale in legno intarsiato, datato 1741, che orna l’altare maggiore della chiesa. Sono inoltre presenti affreschi realizzati da un altro importante artista molisano, Amedeo Trivisonno, nel 1930. Il convento è noto anche per essere stato il primo luogo di formazione di Padre Pio da Pietralcina.