Space economy, così l’Ue si rilancia nella corsa allo
spazio.
Dopo oltre un decennio
di ritardi, Bruxelles sta tornando in pista nell’industria di settore. Resta il
nodo della competitività. Lo scorso 15 luglio, a Roma, il governo italiano di
Giorgia Meloni ha riaperto uno dei capitoli più frequenti nella sua politica
estera: i rapporti con l’Africa, il Continente al cuore della cosiddetta
strategia del «Piano Mattei» e delle ambizioni di rafforzamento di un asse fra
Roma, Bruxelles e le economie del Continente. I toni della giornata non sono
apparsi inediti, fra elogi alla «centralità» dell’Africa nelle strategie
nazionali e promesse di un cambio di rotta nei rapporti. L’argomento lo era,
almeno rispetto ai settori più discussi nella politica del governo: l’industria
dello spazio. L’esecutivo italiano sta tentando di allargare il suo raggio
d’azione alla cosiddetta Space economy, l’economia della spazio, partendo dal
rilancio della sua storica base spaziale di Malindi, in Kenya, attiva dagli
anni ’60 del secolo scorso. Sullo sfondo, c’è un’ambizione più ampia: quella di
creare un ponte tra l’Agenzia spaziale europea e l’Agenzia spaziale africana,
fondata dall’Unione africana (UA) all’inizio del 2023 e ora ospitata
dall’Egitto. Lo sviluppo di una strategia spaziale è uno dei 15 programmi
«faro» della cosiddetta Agenda 2063, il piano di priorità stabilito dall’Unione
Africana per «accelerare» la crescita e lo sviluppo del continente.
Ma è un passo cruciale
anche per l’industria europea nel suo complesso, dai singoli Paesi alle
politiche comunitarie. Su scala nazionale si contano casi come i progetti di
riscatto del settore dello stesso governo italiano in Kenya o gli accordi
siglati dalla Spagna, diventata a maggio il venticinquesimo Paese a firmare gli
Accordi Artemis e avviata a una nuova partnership tra la Nasa e la neonata
Agenzia spaziale spagnola (Aee). Su scala comunitaria, Bruxelles sta cercando
di rimettersi in pista e lanciare alle spalle la cosiddetta «crisi di
lanciatori», la stasi di iniziative autonome che si è trascinata per oltre un
anno: da luglio 2023, ai tempi dell’uscita di scena del lanciatore pesante
Ariane 5, Bruxelles si era trovata sprovvista di uno spazio autonomo allo
spazio.
Il “digiuno” si è
interrotto un anno dopo, nel luglio del 2024, quando il suo erede Ariane 6 è
riuscito a decollare per la sua prima missione di prova dalla Guyana francese e
ha trasportato nello spazio nove satelliti CubeSats prodotti da aziende
comunitarie. Il lancio ha sofferto qualche malfunzionamento, ma il bilancio è favorevole
in vista di nuove missioni. Come ha evidenziato in una sua analisi Andrea Gili,
research fellow al centro studi Ispi, si parla comunque di un «nuovo pilastro
nella storia dell’industria e dell’esplorazione spaziale europea. Riporta
ossigeno all’intero comparto dell’aerospazio, ma soprattutto è il primo passo
per il ritorno ad un’autonomia strategica ed un accesso autonomo allo spazio». Il
processo è in atto. L’11 luglio la Commissione europea, custode dei fondi
comunitari, ha pubblicato un rapporto di analisi sul programma spaziale dell’Ue
e sulla sua agenzia specifica. La conclusione generale del programma, forte di
un budget di 15 miliardi di euro per il periodo 2021-27, si sta rivelando
positiva. Dopo oltre un decennio di ritardi cronici, complicazioni tecniche e
costi eccessivi sul sistema di navigazione satellitare Galileo-EGNOSS, l’Ue
sembra instradarsi in una strada migliore nella corsa allo spazio. L’aspetto
fondamentale per i contribuenti europei è che il programma della Commissione,
compresa l’iniziativa per l’osservazione della Terra, sta raggiungendo i suoi
obiettivi e consentendo ai servizi di capitalizzare - finalmente - la
tecnologia di precisione. Il rapporto ricorda ai decisori politici che «l’uso
dei dati e dei servizi spaziali si estende ben oltre le applicazioni
tradizionali, svolgendo un ruolo cruciale in diversi settori, ad esempio
l’energia, la pianificazione urbana, le assicurazioni o il monitoraggio
ambientale». Si prevede che il mercato dell’osservazione della Terra (EO) possa
lievitare fino a quasi 6 miliardi di euro entro il 2033. Nel frattempo, i
ricavi del mercato globale a valle dei sistemi globali di navigazione
satellitare (GNSS) dovrebbero salire dagli attuali 260 miliardi di euro a 600
miliardi entro il 2033.
Fonte :https://www.ilsole24ore.com/