Gaza: si
dimette il primo ministro dell'Anp, "intesa" sui punti principali per
un cessate il fuoco.
Il consigliere per la
Sicurezza nazionale della Casa Bianca Jake Sullivan esprime cauto ottimismo sui
progressi nei colloqui tra Israele e Hamas mediati da Usa, Egitto e Qatar. Un
accordo con Hamas ritarderà ma non fermerà l'offensiva su Rafah, dice comunque
il primo ministro israeliano. Il primo ministro dell'Autorità
nazionale palestinese Mohammad
Shtayyeh ha rassegnato le sue dimissioni al presidente Mahmoud Abbas. Lo ha fatto
lunedì mattina all'apertura di una riunione di governo a Ramallah, in
Cisgiordania. Shtayyeh, che era al governo dal 2019, ha dichiarato di
volersi dimettere per consentire la
formazione di un ampio consenso tra i palestinesi sugli accordi politici post guerra. La
mossa giunge tra le crescenti pressioni
degli Stati Uniti su Abbas affinché dia una scossa all'Anp, fortemente
screditata agli occhi dei palestinesi, che la considerano corrotta e troppo
accondiscendente con Israele, ma vista dalla comunità internazionale come
l'unico interlocutore possibile per giungere a una risoluzione del
conflitto. I negoziatori di Stati Uniti, Egitto, Qatar e Israele avrebbero
raggiunto un'"intesa" sui punti
fondamentali di un accordo per il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza durante i colloqui
in corso nel weekend a Parigi. Lo ha dichiarato domenica il consigliere per la
Sicurezza nazionale della Casa Bianca Jake
Sullivan: secondo il funzionario statunitense si respira un cauto
ottimismo, seppur siano necessari
ulteriori negoziati con Hamas, che saranno portati avanti dal Qatar e
dall'Egitto. Fonti della sicurezza egiziana hanno dichiarato a Reuters che
questa settimana il Qatar ospiterà i
colloqui di mediazione tra Hamas e Israele per finalizzare un
accordo di tregua. I rappresentanti di entrambe le parti si recheranno poi al Cairo per
ulteriori colloqui volti a raggiungere un accordo sui tempi e sui meccanismi di
esecuzione. La bozza di accordo per il cessate il fuoco prevederebbe
il rilascio di un massimo di quaranta
ostaggi tra donne e anziani in cambio di un massimo di trecento prigionieri
palestinesi, soprattutto donne, minori e anziani. Allo scambio di
prigionieri si aggiungerebbe una pausa
di sei settimane nei combattimenti e il permesso a centinaia di camion di
portare ogni giorno gli aiuti umanitari nella Striscia, disperatamente
necessari. Domenica il primo ministro israeliano Netanyahu ha confermato
alla Cbs che un accordo è in corso senza fornire dettagli, ma ha mantenuto il punto sull'offensiva su
Rafah, la città più meridionale della Striscia dove si rifugiano
quasi un milione e mezzo di palestinesi. Il leader israeliano ha ribadito
che un accordo con Hamas che preveda la liberazione degli ostaggi non fermerà
l'avanzata militare, al massimo la
ritarderà. Netanyahu ha detto che questa settimana riunirà il Gabinetto di guerra per
approvare i piani operativi dell'espansione delle operazioni
militari sull'ultimo lembo di terra di Gaza non ancora assediato dall'esercito
israeliano. Sul tavolo anche i piani di evacuazione dei civili dalla zona e un
piano per consegnare in sicurezza gli aiuti umanitari, che hanno proprio in
Rafah il loro principale punto di ingresso. "Una volta iniziata
l'operazione di Rafah, la fase intensa dei combattimenti sarà completata in poche settimane.
Non mesi", ha dichiarato Netanyahu alla Cbs, insinuando che quattro dei sei battaglioni di Hamas
rimasti sono concentrati a Rafah. Gli Stati Uniti e altri alleati dicono
continuano a chiedere a Israele di evitare l'offensiva su Rafah, per
scongiurare altre vittime civili e una catastrofe umanitaria. Sullivan ha
dichiarato alla Nbc che il presidente
Usa Joe Biden non è stato informato del piano operativo per Rafah.
"Riteniamo che questa operazione non debba andare avanti fino a quando o a
meno che non vedremo (un piano per proteggere i civili)", ha detto
Sullivan. L'Unrwa, l'Agenzia delle Nazioni
Unite per i rifugiati palestinesi, ha dichiarato domenica che la situazione
umanitaria nella Striscia di Gaza è "catastrofica", con la gente
stipata in rifugi "gravemente sovraffollati" dove si diffondono le
malattie e scarseggia l'acqua potabile.
L'Agenzia è costretta a "sforzare ogni dollaro" e a destreggiarsi
con le proprie finanze per continuare il lavoro di assistenza umanitaria a Gaza
dopo che 18 Paesi donatori hanno sospeso i finanziamenti. L'organizzazione sta
affrontando un deficit di 450
milioni di dollari ed è stata costretta a sospendere le consegne di aiuti nel nord
della Striscia, dove le centinaia di migliaia di persone rimaste
rischiano di morire di fame. L'ultima volta che l'Unrwa è stata in grado
di consegnare cibo nell'area è stata il 23
gennaio. La popolazione è disperata. Folle di persone circondano e
assaltano i pochi camion di aiuti umanitari per accaparrarsi qualsiasi cosa,
molti sono costretti a sfamarsi con foraggio animale ed erbacce, c'è chi cerca
cibo negli edifici demoliti dalle bombe israeliane. Il principale alimento
è diventato un'erbaccia nota come malva comune,
una pianta a foglia con proprietà medicinali che cresce
spontaneamente in condizioni di terreno duro e secco. "Dobbiamo
nutrire i bambini. Continuano a gridare di voler mangiare. Non riusciamo a
trovare cibo. Non sappiamo cosa fare", dice una venditrice al mercato di
Jabalia, a nord di Gaza City.
Fonte : https://it.euronews.com/