Come
funzionerà la gestione della migrazione e dell’asilo in Europa con il nuovo
Patto a livello Ue.
Con l'accordo raggiunto dai negoziatori del
Parlamento (che hanno ceduto sulla quasi totalità degli elementi di
compromesso) e del Consiglio dell'Ue, cambierà il sistema di solidarietà,
responsabilità e crisi dei Ventisette. Ma non le basi del sistema di Dublino e
diminuiranno i diritti delle persone migranti in arrivo.
Bruxelles – I negoziatori del Parlamento Europeo lo definiscono “un giorno
storico”, ma chi davvero può esultare alla fine della maratona dei triloghi sul Patto migrazione e asilo è solo
la presidenza spagnola del Consiglio dell’Ue, che potrà tornare dai 27 governi
dei Paesi membri con un accordo di compromesso pressoché identico al mandato
negoziale su tutti i dossier per la definizione del nuovo sistema di gestione
della migrazione e dell’asilo ai confini e sul territorio comunitario. “Non
vedo una possibilità di presentarci ai cittadini senza un accordo” prima delle elezioni
europee del 2024, era stata chiara la presidente del Parlamento
Europeo, Roberta Metsola. Al netto di
improbabili (ma non impossibili) affossamenti al momento dell’approvazione da
parte di ciascuno dei due co-legislatori, l’accordo ora c’è. Ed è arrivato con
l’abbandono di tutte le linee rosse e le garanzie fissate dagli eurodeputati nella
propria posizione negoziale di partenza.
La base su cui si imposta il nuovo sistema del Patto migrazione e asilo è
il rapporto tra solidarietà e responsabilità nella gestione delle persone
migranti tra i Ventisette. Il primo concetto è la base del Regolamento
per la gestione dell’asilo e della migrazione (Ramm), che non supera in
alcun modo il principio cardine del Regolamento di Dublino del 2013, ovvero che
il compito di esaminare la richiesta di asilo di una persona che fa ingresso in
modo irregolare sul territorio comunitario spetta al primo Stato membro Ue a
cui accede. Paesi come Italia, Grecia, Malta, Cipro e
Spagna saranno responsabili delle richieste, mentre gli altri Paesi membri che
vogliono ‘dublinare’ (cioè estradare) queste persone migranti – inclusi i
minori e chi richiede il ricongiungimento con fratelli – dovranno semplicemente inviare una notifica, non più una
richiesta di processo reciproco con l’accordo del Paese di primo approdo come
accade oggi. Dopo l’entrata in vigore del Regolamento – a 24 mesi dalla
pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell’Ue – sarà introdotto l’ormai
famoso meccanismo di solidarietà
obbligatoria per tutti i Ventisette (sulla base di Pil e popolazione), che mette sullo
stesso piano tre forme di solidarietà: ricollocamenti
di persone migranti, contributi finanziari o supporto a Paesi terzi. I contributi ai
Paesi membri possono essere destinati non solo ai sistemi di accoglienza, ma
anche al finanziamento di strutture fisse e mobili di confine attraverso
lo Strumento di gestione delle frontiere e dei visti (Bmvi) e il Fondo asilo,
migrazione e integrazione (Amif). Nessun
ricollocamento obbligatorio per le persone migranti sbarcate dopo operazioni di
ricerca e soccorso in mare e per chi è sottoposto alla procedura Ramm non è
prevista la rappresentanza legale, ma solo consulenza.
Il concetto della responsabilità è legato in particolare al Regolamento
sulle procedure di asilo (Apr), che aumenta solo quelle previste per i
Paesi di primo ingresso. Si applicherà automaticamente in caso di rischio per
questioni di minaccia alla sicurezza – inclusi i minori non accompagnati – di
“inganno delle autorità” o se la persona migrante proviene da un Paese con un
tasso di riconoscimento inferiore al 20 per cento. Le
procedure di frontiera prevederanno una detenzione di fatto, senza esenzioni nemmeno
per le famiglie con minori di 12 anni, né una rappresentanza legale, né una
sospensione per i ricorsi contro la maggior parte delle decisioni (l’eccezione
è per inammissibilità di quelle basate sul concetto di “Paese terzo sicuro” e
per minori non accompagnati). Cruciale in questo Regolamento è proprio il concetto
di “Paese terzo sicuro”, per cui sono previsti sia un elenco Ue sia elenchi
nazionali per giustificare e velocizzare rimpatri rapidi fuori dall’Unione, a
meno che non ci siano legami della persona singola con lo Stato in questione
che ne escludano la sicurezza. Tra i nuovi obblighi sul piano della
responsabilità c’è quello di portare
a termine l’esame della domanda di asilo attraverso la procedura di frontiera
entro sei mesi (Apr), ma anche l’estensione del periodo
di responsabilità della gestione delle domande per 20 mesi e il mantenimento a
12 mesi quello per le operazioni di ricerca e soccorso in mare (Ramm). Fissato a 30
mila persone il tetto massimale annuale per le procedure di frontiera,
determinato sulla base di una formula che tiene conto del numero di
attraversamenti irregolari delle frontiere e del numero di espulsioni nei tre
anni precedenti.
Una volta che le persone migranti arriveranno alle frontiere dell’Unione,
il Regolamento sullo screening del Patto migrazione e
asilo prevederà una procedura di trattenimento di 7
giorni per la divisione tra procedure di regolari (Ramm) o accelerate (Apr) per il
trattamento delle loro richieste di asilo. Essendo rimasta
la cosiddetta ‘finzione del non ingresso’ – ovvero che chiunque sia
sottoposto allo screening in un centro apposito non sarà considerato legalmente
nel territorio dello Stato membro e quindi dell’Ue – di
fatto le persone migranti saranno detenute, in quanto dovranno rimanere a
disposizione delle autorità senza possibilità di entrare sul suolo nazionale.
Alcune garanzie prevedono la possibilità per i richiedenti di avere accesso a
una copia del modulo di screening e il mantenimento delle “norme pertinenti in
materia di trattenimento” stabilite nella direttiva sui rimpatri del 2008 (la
revisione contenuta nel Patto migrazione e asilo è l’unico dossier che per
certo non andrà in porto). Ma il
meccanismo di monitoraggio – che non necessariamente include le Ong, ma può
farlo a discrezione degli Stati – non si
applica alle attività di sorveglianza delle frontiere (con
una normalizzazione della profilazione razziale) e se lo Stato
riconosce una minaccia per la sicurezza potrà garantire alle autorità nazionale
l’accesso diretto a tutti i dati sulla persona in tutti i database.
Per quanto riguarda le banche dati, secondo il Regolamento
Eurodac tutte le persone migranti beneficiarie di protezione temporanea a
partire dai 6 anni di età dovranno
accettare la raccolta dei loro dati biometrici, anche se per il
Regolamento generale sulla protezione dei dati (Gdpr) il trattamento è lecito
solo se il minore ha almeno 16 anni. Nell’ampliamento dell’accesso ai dati per
le autorità nazionali è stata inclusa anche la raccolta dei dati fotografici
dei volti, di fatto dando il via libera alla sorveglianza di massa delle
persone in arrivo sul suolo dell’Unione. I segnalatori
di sicurezza da inserire nella banca dati Eurodac durante il processo di
screening e delle procedure di frontiera prevederanno tutta una serie di
nuove categorie – come l’attraversamento irregolare di una frontiera – anche
attraverso la revisione del Regolamento di Revisione del sistema di entrata e
uscita.
Cosa succede in caso di crisi con il Patto migrazione e asilo
Uno dei punti più controversi del Patto migrazione e asilo è il Regolamento
per le crisi, la strumentalizzazione e le cause di forza maggiore, che si occupa dei
momenti in cui si verifica un “arrivo di massa di persone” eccezionale o
inaspettato, anche a seguito di uno sbarco dopo un’operazione di ricerca e
soccorso in mare. Di fatto è passata la posizione negoziale del Consiglio, che ha portato
all’inserimento della strumentalizzazione (un Regolamento inizialmente a sé
stante e su cui il Parlamento non aveva dato l’ok) in quello per le crisi e le
cause di forza maggiore, nel caso in cui “un
Paese terzo o un attore non statale ostile incoraggia o facilita il movimento
di cittadini di Paesi terzi e di apolidi” verso le frontiere esterne Ue “con
l’obiettivo di destabilizzare l’Unione o uno Stato membro”, mettendo “a rischio
le funzioni essenziali di uno Stato membro”. Le Ong
sono escluse da questa definizione, ma nei fatti solo se possono
dimostrare che le loro azioni (in mare e non) non sono destinate alla
destabilizzazione, con chiari rischi di ripercussioni per la criminalizzazione
della solidarietà.
Nemmeno nelle situazioni di crisi sono
previsti ricollocamenti obbligatori di persone migranti tra i Paesi membri, ma
varranno le stesse tre modalità di solidarietà previste dal Regolamento Ramm
(ricollocamenti, contributi finanziari o supporto a Paesi terzi). In questo
scenario scattano invece delle deroghe
al sistema generale di gestione della migrazione e dell’asilo: la soglia del tasso
di riconoscimento per cui le persone possono essere ammesse alle procedure di
frontiera (secondo il Regolamento Apr al 20 per cento) si alza al 50 per cento
nelle situazioni di causa di forza maggiore, al 60/70 per cento in quelle di
crisi e al 100 per cento in quelle di strumentalizzazione. Anche in questo caso
dalle procedure di frontiera – la cui
durata può essere estesa di ulteriori sei settimane (rispetto ai 9 mesi di Apr) – non sono
escluse le famiglie con bambini di età inferiore ai 12 anni.
Fonte : https://www.eunews.it/2023/12/20/patto-migrazione-e-asilo-come-funziona/